Il Dritto (scambio- block –topspin –backspin -flip)
di Carlo Pandolfini
Effettuare correttamente il dritto è certamente la base per una buona tecnica complessiva di gioco. Chi non ha notato i giocatori da sala-giochi o da spiaggia assumere posture improbabili a causa delle quali si posizionano frontali rispetto al tavolo ed effettuano quasi sempre colpi di rovescio, riservando il dritto a qualche rara schiacciata su palla alta? O tanti giocatori di tennistavolo “a muretto” che sfruttando gomme cosiddette di disturbo (puntinate lunghe – corte - medie, antitopspin) fanno lo stesso, sia pure a livelli agonistici nettamente superiori?

E qualcuno ha mai visto un dilettante del ping-pong, per quanto talentuosissimo possa essere, portare correttamente il dritto in modo spontaneo?
Il fatto è che la corretta effettuazione del dritto nel tennistavolo richiede una lunga serie di fattori, per altro concentrati in uno spazio e un tempo parecchio ristretti, la qual cosa ne aumenta la difficoltà tanto di apprendimento quanto di esecuzione.
Vediamo questi fattori uno ad uno.
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L’impugnatura: è la base per una corretta tecnica di gioco. La racchetta va tenuta ben stretta nel palmo della mano, simulando tanto il modo con il quale la mano stringe una pistola, quanto figurativamente la pistola stessa, ossia con le ultime tre dita ripiegate sul palmo, il pollice e l’indice distesi che formano tra loro un angolo di 90°. Il manico della racchetta deve aderire interamente al palmo della mano senza lasciare spazi vuoti ( cosa che troppi giocatori di buoni livello invece hanno come difetto, adottando una impugnatura cosiddetta morbida che li penalizza nella effettuazione e ricezione di colpi liftati). Come pure è fondamentale che l’incavo tra pollice e indice sia interamente a contatto con il telaio e lo stringa bene. A quel punto basta posizionare in perpendicolare rispetto al manico l’indice, e sull’altra faccia della racchetta il pollice, ed il gioco è fatto: l’impugnatura è corretta, si può apprendere la giusta tecnica senza penalizzazioni nell’uno o nell’altro colpo.
La postura generale, poi, è il paradigma motorio fondamentale per lo sviluppo di tutti i colpi.
Senza una postura adeguata, nella sequenza dello scambio sarà matematico incorrere in errori tecnici che pregiudicheranno l’esito dello scambio, soprattutto ai livelli più alti. Esiste una postura dinamica e una statica. Le attitudini motorie di base per imparare ad assumere durante il gioco una corretta postura dinamica sono due: la rotazione /oscillazione del corpo attorno al proprio asse; l’effettuazione del carico/scarico degli arti inferiori. Requisiti fondamentali della postura statica sono :
1. il posizionamento leggermente obliquo rispetto al piano del tavolo;
2. l’equilibrio del corpo spostato un po’ in avanti;
3. il bacino che deve formare un angolo pronunciato tra il tronco e le gambe;
4. il peso del corpo che grava sugli avampiedi.
E di conseguenza gli errori di postura che si vedono in giro per i campi da gioco di solito sono: atleti che giocano perfettamente paralleli rispetto al tavolo; che gravano il peso del corpo sui talloni; che rimangono sostanzialmente all’inpiedi; che si sbilanciano con la schiena all’indietro nella effettuazione dei colpi.
Se la postura del corpo e l’impugnatura della racchetta sono i fattori di base,
il corretto movimento per l’effettuazione concreta del colpo, ossia l’atto di colpire la pallina con la racchetta, richiede altrettanta se non maggiore cura pratica e attenzione teorica. Entrano in campo ai fini di un corretto movimento diversi fattori, quali: la dinamica di effettuazione, il tempo di effettuazione, l’attivazione dei freni motori per la sua conclusione.
Alla radice di questi fattori sta comunque un concetto motorio fondamentale:
la corretta combinazione tra la spinta in avanti di braccio/tronco/bacino/gambe e la stabilità/equilibrio necessari a dare al colpo la corretta direzione/velocità /effetto.
Per illustrare questa combinazione dobbiamo ricorrere ad un’immagine esemplificativa: la struttura di una qualunque porta d’appartamento, l’infisso, i cardini, l’anta. Ebbene, dobbiamo vedere tutta la parte del corpo del giocatore opposta alla mano che tiene la racchetta come l’infisso della porta, ossia la parte della struttura che assicura la stabilità e la direzione giusta nel movimento; dobbiamo vedere i cardini, ossia le strutture di rotazione/oscillazione, nelle caviglie in basso, nel tronco/bacino al centro e nel gomito della mano che tiene la racchetta in alto; ed infine l’anta, ossia la parte della porta vera e propria, nella gamba, nel tronco e nel braccio relativi alla mano che impugna. Per usare un’altra immagine, possiamo vedere il movimento del discobolo che dopo la rotazione sta per lanciare l’attrezzo in avanti verso il punto più lontano. Si potrà anche qui notare la parte del corpo opposta alla mano che lancia, che ha funzione di perno/sostegno/slancio/stabilità/direzione, mentre tutta la parte del corpo relativa alla mano che lancia il disco ha funzione di spinta cinetica. Ecco, questa combinazione è basilare per un corretto movimento.
Un secondo concetto, stavolta di abilità-coordinazione motoria, comporta poi
una differenza determinante per la migliore efficacia del colpo: quella tra contatto pallina/racchetta e impatto pallina/racchetta.La grandissima maggioranza dei dilettanti e comunque dei giocatori di scarso talento tenderanno sempre a preferire il contatto all’impatto, ossia a portare la racchetta quasi ferma a colpire la pallina per poi dare la spinta, piuttosto che a spingere/impattare con decisione la pallina, con un movimento della racchetta che parta da dietro. Con una conseguenza fondamentale per la correttezza del colpo: che a quel punto non potranno attivare i freni motori subito dopo il contatto, ma molto più tardi e faranno quindi un movimento troppo lungo che li penalizzerà nello sviluppo del gioco.
Come si può vedere la complessità del movimento corretto del dritto nel tennistavolo è davvero elevata.
Oltre ai fattori generali che abbiamo delineato, cioè quelli di base: l’impugnatura e la postura generale, statica e dinamica; e ai concetti motori generali condizionali di spinta/stabilità e coordinativi di impatto/contatto da applicare al movimento, esistono parecchi importanti fattori specifici alla esecuzione del dritto: a) come bisogna posizionare i vari distretti corporei e muscolari; b) come bisogna muoverli; c) con quale tempo bisogna colpire la pallina; d) di quante fasi dinamiche è costituito il movimento; e) quanto bisogna inclinare la racchetta nella effettuazione dei colpi, e se ne potrebbero aggiungere altri ancora.
Vediamoli nello specifico:
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Come bisogna posizionare e muovere i vari distretti corporei e muscolari. Si parte sempre dal presupposto che:1) il baricentro del proprio corpo debba cadere nella proiezione sul terreno del punto mediano tra le gambe; 2) i piedi siano posizionati leggermente più larghi rispetto alle spalle; 3) i piedi assumano sempre tra loro una posizione di partenza parallela e mai convergente o divergente tra loro. A quel punto assumono un ruolo fondamentale gli arti inferiori, per i quali nel dritto va sempre effettuato un movimento di trasferimento del peso corporeo dalla gamba relativa al braccio che porta il colpo alla gamba opposta, e l’arto superiore della mano che regge la racchetta. Ogni sezione del braccio è poi decisiva per un corretto movimento, come pure l’angolazione corretta tra le sezioni. Il braccio deve rimanere ben staccato dal tronco, il gomito deve rappresentare il punto più basso dell’intero arto, l’avambraccio deve fare un angolo retto col braccio e il polso deve essere in continuità lineare con l’avambraccio, in modo tale che la racchetta rappresenti con l’avambraccio una linea retta. Il movimento deve avvenire da dietro – basso a avanti –alto, con una angolazione di circa 45 gradi. E’ essenziale nel dritto fermare il movimento del braccio comunque non oltre l’asse mediano del proprio corpo. La racchetta non deve mai terminare oltre questo asse.
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Con quale tempo bisogna colpire la pallina: in generale la pallina può essere colpita di controbbalzo, ossia praticamente appena dopo il rimbalzo della stessa; d’anticipo, ossia prima che raggiunga il punto più alto della sua traiettoria; nel suo punto più alto; in ritardo, ossia nella sua fase discendente. I vari colpi di dritto, lo scambio, il topspin, il taglio, il block, la schiacciata, il flip, il controtop vanno effettuati con diversi tempi di impatto, anche se è sempre possibile al giocatore usare tempi diversi più appropriati alle proprie caratteristiche. Al solo scopo divulgativo si può accennare che colpo necessariamente di controbbalzo è il taglio/backspin corto; colpi in anticipo sono il block attivo, il taglio/backspin lungo, il flip su palla tagliata, il controtop sul tavolo, la schiacciata su palla tagliata, colpi nel punto più alto sono il topspin su palla liscia, il flip su palla liscia/superiore e lo scambio; colpi ritardati ossia effettuati nella fase discendente della traiettoria dopo il rimbalzo sono il topspin su palla tagliata, la schiacciata, il block passivo e ovviamente il controtop da lontano. In fase di apprendimento del movimento è altamente raccomandato, ai fini di migliorare la fluidità del colpo, curare innanzitutto il tempo di impatto che io definirei generale, ossia nel punto più alto della traiettoria, tanto nello scambio, quanto nel topspin di dritto. In quel punto infatti si ottimizzano molti fattori cinetici: il rapporto tra impatto e contatto con la pallina ( massimo impatto nel massimo tempo di contatto); miglior possibilità di attivare immediatamente i freni motori; miglior momento di sostituzione della velocità (ascendente) impressa dalla racchetta alla velocità (discendente) proveniente dalla pallina. Una conferma empirica dell’importanza di imparare il corretto movimento di dritto partendo dalla base tecnica “del punto più alto” è data dal fatto che il topspin di dritto – notoriamente un colpo che richiede al giocatore una dose di sforzo fisico notevole – soprattutto se effettuato in sequenza risulta all’atleta che lo esegue più fluido, poco affaticante e più semplice da ripetere costantemente.
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E veniamo alle fasi dinamiche dalle quali è costituito il movimento del dritto, che escludendo la fase propedeutica della attivazione degli stimoli neuro-motori dovuta ai diversi analizzatori sensoriali, cioè la fase in cui dal cervello partono gli input motori al corpo del giocatore, si possono distinguere in: una fase preparatoria all’impatto; la fase dell’impatto/contatto; una fase conclusiva del movimento. Ognuna delle tre fasi, se correttamente eseguita, è determinante per effettuare un ottimo dritto. La fase preparatoria all’impatto è quella in cui bisogna porre in pratica quanto abbiamo sopra descritto riguardo al movimento complessivo, e ai movimenti dei singoli distretti articolari e muscolari. La fase del contatto/impatto è quella nella quale si conclude la fase di accelerazione ed inizia quella di decelerazione del movimento; è il momento nel quale l’angolazione della racchetta rispetto alla pallina ed il movimento del polso assumono un ruolo fondamentale ai fini del risultato richiesto; questo “momento” può variare nella sua durata da alcuni centesimi di secondo nei colpi di puro impatto ( la schiacciata innanzitutto ed anche lo scambio), a valori vicini al decimo di secondo nel topspin e nel backspin. Il motivo è evidente: maggiore è la quantità di effetto che si desidera imprimere al colpo, maggiore sarà il tempo nel quale si cercherà di tenere la pallina a contatto con la gomma. Quindi il massimo del contatto avverrà nel topspin lento di apertura, mentre nel top veloce di chiusura il tempo di contatto si avvicina a quello del block/scambio. La fase conclusiva del movimento, la cosiddetta chiusura del colpo, non è determinante in sé per l’esito del colpo, quanto per la prosecuzione del gioco. Il giocatore di medio/alto livello infatti deve comunque attendersi sempre che l’avversario rimandi in campo la pallina, e questo significa che deve ritornare nella corretta posizione di partenza se desidera continuare a condurre lo scambio da una posizione di forza. Pertanto l’attivazione dei freni motori, il corretto punto di conclusione del colpo, e la transizione verso la fase di preparazione del nuovo colpo assumono nel tennistavolo un valore determinante ai fini di una impostazione tecnica del giocatore di Alto Livello. Senza di questi si rimarrà comunque mediocri giocatori, cui verrà sempre precluso qualunque risultato importante. I segreti di un corretto movimento di transizione, il punto in cui portare la racchetta tra un colpo ed il successivo, il passo intermedio sono quelli meglio custoditi dai tecnici di alto livello.
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L’angolazione della racchetta nella effettuazione del dritto è ovviamente determinante ai fini del successo nella esecuzione del colpo. Il principio generale è che quanto più la palla che arriva ha effetto inferiore/backspin/tagliato sotto, quanto più l’angolazione della racchetta fino all’attimo del contatto/impatto va tenuta aperta, diciamo approssimativamente a 90° rispetto al piano del tavolo. Si arriva ai casi in cui l’angolo di impatto ( nella schiacciata su palla tagliata e nel flip di dritto sempre su palla tagliata) è di circa 120°. E viceversa quanto più la pallina ha effetto superiore, tanto più la racchetta va tenuta chiusa rispetto al piano del tavolo, diciamo con inclinazioni che in certi casi diventano quasi ad angolo zero. In gergo questo si chiama “coprire” la pallina”, ed è il caso del controtop al tavolo, per esempio, come pure del top di chiusura su palla superiore. E’ ovvio che in tal caso sbagliare il tempo di impatto significa steccare quasi certamente la pallina, quindi possedere una ottima fluidità e velocità di braccio è fondamentale per effettuare correttamente questi colpi che sono di massima difficoltà, come pure al tempo stesso di massima efficacia.
Come il lettore di questo articolo avrà potuto notare, non mi sono soffermato specificamente sui singoli colpi di dritto (lo scambio semplice, il topspin, il backspin, la schiacciata, il block, il flip, il controtop), ma ho cercato di elaborare elementi e principi generali, in base ai quali è possibile costruire correttamente nella pratica quotidiana tutti i colpi, e le loro numerosissime varianti – pensate soltanto alla variante laterale dei colpi, fino al cosiddetto effetto “corkscrew”, o ad avvitamento con una componente inferiore ed una laterale contemporaneamente. Il tennistavolo rimane uno sport affascinante proprio per la sua enorme complessità: si guardi ad esempio all’importanza e alla difficoltà di decifrare il tipo e la quantità di effetto che possiede la pallina al momento dell’impatto con la vostra racchetta (dato questo fondamentale per la corretta esecuzione del dritto) , in pochi decimi di secondo, quando una pallina del diametro di circa 40 mm può arrivare dal tavolo dell’avversario con velocità che superano i 50 km orari, e, dopo aver eventualmente decifrato correttamente tipo e quantità di effetto, impostare sempre in quegli stessi decimi di secondo le corrette specifiche tecniche per portare a buon fine la propria risposta! Ecco, questo è il tennistavolo. Ed ecco perché senza una buona tecnica, buoni allenatori e tanta applicazione è impossibile diventare buoni giocatori.
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Lo sviluppo della reattività neuro-muscolare dell'atleta.
di Carlo Pandolfini
E' il mattone su cui si costruisce una buona tecnica nell' atleta agonista.
Spesso si vedono i ragazzini ai primi rudimenti della tecnica indugiare, sotto lo sguardo attento degli istruttori, in sedute di allenamento in cui viene fatto quasi ossessivamente ripetere lo scambio di dritto, e in misura minore lo scambio di rovescio.
La ragione di ciò sta proprio nel fatto che questo esercizio è il più indicato per sviluppare la reattività neuro-muscolare dell'atleta agli stimoli esterni.

Quando infatti l'atleta vede la pallina dirigersi verso il proprio campo di gioco, attiva il proprio sistema neuronale, il quale immediatamente si fa alcune domande fondamentali (in che direzione sta andando la pallina?
Quanto veloce? Con che tipo di effetto sta arrivando?) e si da' delle risposte sempre più complesse man mano che aumenta la sua conoscenza del gioco ( all'inizio del proprio addestramento la mente dell'atleta sarà in grado di rispondere solo alla prima domanda, poi anche alla seconda, ed infine, pian piano negli anni, anche alla terza).
A questo punto la risposta elaborata dal suo sistema neuronale, va trasferita agli organi motori per metterla in pratica.
E qui i tempi di risposta degli organi motori di ogni atleta variano decisamente.
E' questo uno dei campi in cui più propriamente si può parlare di
talento dell'atleta.
Ossia della capacità naturale dell'atleta di attivare questa risposta in tempi estremamente rapidi. E' chiaro infatti che prima arriva questa risposta degli organi motori e meglio si potrà effettuare il gesto tecnico conseguente.
SPESSO SI PARLA IN QUESTO CAMPO DI COORDINAZIONE OCULO-MANUALE, e si dice che il tennistavolo è uno sport che richiede una ottima coordinazione oculo-manuale.
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SPESSO SI PARLA IN QUESTO CAMPO DI COORDINAZIONE OCULO-MANUALE, e si dice che il tennistavolo è uno sport che richiede una ottima coordinazione oculo-manuale.
Io credo che il concetto sia più complesso, e che tutto il corpo dell'atleta, tanto gli arti inferiori, quanto il busto/bacino, quanto gli arti superiori, assumano un ruolo rilevante in questo contesto.
La reattività allo stimolo esterno va trasferita alle gambe, così come al braccio, così come al tronco che deve effettuare il corretto movimento di torsione e/o rotazione: tutto il corpo deve partecipare alla corretta effettuazione del colpo.

Il potenziale campione sarà l'atleta che
naturalmente attiva questa risposta e la trasferisce agli organi del movimento in modo estremamente rapido.
Tuttavia, trattandosi di stimoli che partono dal cervello per essere trasferiti al corpo, essi, come ci ricorda la teoria di Pavlov,
possono essere allenati, ossia automatizzati per migliorare la performance.
Per questo assume grande importanza la ripetizione continua, costante di esercizi semplici, soprattutto all'inizio dell'addestramento.
Nella pratica si consiglia:
- la ripetizione in serie sempre più lunghe dello scambio di dritto, da preferire a quello di rovescio perchè coinvolge più organi motori nel movimento;
- a livelli più avanzati di bravura degli atleti, gli esercizi di gioco anticipato al tavolo, ossia il controtop al tavolo sia di dritto che di rovescio;
- a livello iniziale, la variazione della lunghezza e della direzione del palleggio, soprattutto di rovescio, e poi, quando il livello dell'atleta sale, anche di dritto;
- il sistema del cesto multiball, fatto accoppiando il movimento delle gambe a quello dell'arto superiore, ossia spostando continuamente l'atleta sul piano del tavolo; a questo riguardo il cesto va fatto sia da distanza ravvicinata che dalla linea di fondo del tavolo, per abituare meglio l'atleta ad una risposta neuro-muscolare appropriata in base al maggiore o minore spazio/tempo necessario alla effettuazione del colpo.
Su tutto ciò una indicazione fondamentale va data all'atleta.
Probabilmente la cosa più importante in assoluto di tutta la teoria della tecnica pongistica, secondo quanto mi disse tempo fa il migliore atleta e tecnico italiano nella storia del tennistavolo e in attività.
ABITUARSI A GUARDARE LA PALLINA IL PIU' LONTANO POSSIBILE, OSSIA NEL MOMENTO IN CUI LA STA COLPENDO L'AVVERSARIO, FOCALIZZARLA AL MASSIMO LI', "COSTRINGERE" LA PROPRIA MENTE A CONCENTRARSI AL MASSIMO IN QUEL DECIMO DI SECONDO.
Se ci si riflette è proprio quello che fa l'atleta nelle situazioni di massimo rischio per reagire con la massima velocità, quando per esempio l'avversario sta schiacciando una palla alta, o sta toppando una palla molto semplice, cioè in tutte le situazioni di massimo rischio durante il gioco.

Una sorta di meccanismo di "autodifesa" che egli attiva incosciamente.
Un'ultima osservazione.
Quando gli atleti tornano ad allenarsi dopo un periodo più o meno lungo di pausa, spesso si lamentano della mancanza di ritmo che avvertono nel proprio gioco. Alla base sta proprio questo, una ridotta capacità di reattività neuro-muscolare dovuta all'assenza dal tavolo da gioco, e quindi da un allentamento dei sistemi di risposta agli stimoli esterni. Ci si sente più lenti "dentro".
Chiudo con una domanda curiosa a tutti i pongisti più esperti.
Che cos'è questo mistero per cui andare a vedere un Torneo o una manifestazione di alto o altissimo livello porta nei giorni seguenti a giocare molto meglio?
Proviamo a darci insieme una risposta in base a quanto detto sopra: l'amplificazione dei propri tempi (inconsci) di risposta, in base all'osservazione, e all'emulazione di giocatori con una reattività neuromuscolare molto più rapida della nostra.
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in continuazione palline con effetti sempre differenti, cercando di indurre un alto numero di errori, oppure di ottenere palline comode da attaccare. E’ detto volgarmente “gioco di muretto” al tavolo, ed è forse in assoluto il gioco più fastidioso da saper fronteggiare. Anche questo in decadenza da quando la Federazione Internazionale sta risolutamente vietando le puntinate senza attrito.
GIOCATORI ALLROUND: in teoria si tratta di giocatori completi, ossia quelli che conoscono tutte le tecniche e le usano insieme nel corso di un incontro. Palleggio lungo e corto, block, topspin, controtopspin. In pratica giocatori “stile Waldner”, il fuoriclasse più completo della storia del nostro sport. Fondamentalmente sono comunque giocatori che prediligono attendere un primo o una serie di attacchi dell’avversario per poi prendere l’iniziativa oppure per indurli all’errore.
ATTACCANTI: nel gioco moderno è la categoria più nutrita. Trattasi di giocatori che tendono ad imporre il loro gioco, chiudendo il punto in topspin o smash, senza attendere l’errore dell’avversario. Con la velocizzazione del gioco dovuta a materiali (gomme e telai) più veloci, è divenuta la soluzione preferita. Esistono poi gli attaccanti “puri” che cercano di tirare il più forte possibile la prima palla utile per chiudere subito il punto, ed attaccanti “ragionati” che cercano di aprirsi il gioco con rotazioni o palle angolate per poi chiudere correndo meno rischi.
Tatticamente quindi esistono giocatori di attesa e giocatori di attacco. Nessuno comunque, a meno di non essere totalmente sprovveduto, sarà un giocatore che difenderà soltanto in attesa dell’errore altrui o viceversa attaccherà soltanto senza indurre mai l’avversario in errore. Sapere che tipo di giocatore si sta affrontando, e capirne prima possibile le varianti nel gioco, significa già essere sulla buona strada per batterlo.
Tattiche di gara.
Sulla base del proprio stile di gioco, e di quello dell’avversario, si imposta il match che si sta giocando.
Un difensore al tavolo che incontra un attaccante cercherà di indurlo più spesso possibile in errore, un attaccante che incontra un altro attaccante cercherà di anticiparlo e costringerlo sulla difensiva, un difensore puro che incontra un allround cercherà di sfruttare l’attendismo di quest’ultimo per infilarlo con attacchi improvvisi.
In teoria l’allround dovrebbe essere il pongista più ferrato contro tutte le tattiche di gioco, vedi il supremo Jan Ove Waldner,

in realtà spesso l’allround è un giocatore che sa fare un po’ di tutto, ma con carenze tecniche dovunque.
Tuttavia la tattica non dipende solo dagli stili di gioco, ma anche dal modo in cui questo stile viene interpretato, tanto dall’avversario che da se stesso.
Esiste infatti, sulla base della tecnica che ognuno acquisisce, il giocatore che taglia più o meno forte, di dritto, o di rovescio, quello che blocca con effetto leggermente superiore e quello che blocca la palla quasi fermandola, chi toppa molto carico e chi toppa totalmente scarico, chi gioca anticipando i colpi al tavolo, e chi fa scendere la pallina prima di colpirla cercando di imprimere un maggiore effetto, insomma ci sono davvero tante varianti.
E questo vale tanto per gli altri, quanto per sé stessi. Così un giocatore forte di dritto, tenterà in tutti i modi di spostarsi di dritto per tirare, oppure di farsi dare la palla sul dritto, e adotterà una posizione sul tavolo quasi sull’angolo del rovescio.
Come pure uno forte di rovescio tenderà a giocare in una posizione del tavolo più centrale e proverà a farsi mandare la palla in quella parte del tavolo.
Aggiungiamo la ricerca durante il gioco dei veri e propri punti deboli dell’avversario. A bassi livelli, per es. sono parecchi i giocatori che schiacciano con una tecnica scadente, per cui molti giocatori ricorrono semplicemente per vincere alla difesa alta in attesa della schiacciata in rete o fuori dell’avversario. Molti altri sono molto carenti nel taglio di dritto, spesso anche sulla base di una impugnatura errata, come pure nel sapere toppare la palla molto tagliata. Nelle categorie giovanili, molti bambini vincono le partite semplicemente mandando la pallina ben tagliata lunga sul dritto dell’avversario.
La ricerca dei punti deboli dell’avversario è un’analisi che richiede esperienza, visione di gioco e soprattutto osservazione della tecnica con cui l’avversario gioca, per cui è sempre opportuno farsi consigliare da chi dalla panchina, sia tecnico o compagno di squadra, segue l’incontro da una prospettiva diversa e spesso migliore.
Quindi non esiste una sola tattica di gara, ma una serie di tattiche che interagiscono durante il gioco.
Si può parlare di una
tattica primaria, che consiste
nell’impostare il proprio gioco ( di attacco, allround o difesa che sia ) cercando di sfruttare al meglio le deficienze tecniche dell’avversario, in combinazione con i propri punti di forza. E così se per esempio dall’altro lato del tavolo c’è un giocatore che soffre il top cosiddetto “ carico o con giri” – poniamo il caso sul dritto – sia esso un attaccante o un difensore – è evidente che una tattica di gioco redditizia sarà quella di insistere nell’effettuare quel tipo di colpo in quella direzione.
E di una serie di
tattiche secondarie, potremmo parlare di “fine tuning”, sintonia fine, nell’ambito della tattica primaria.
Il “fine tuning” nel tennistavolo, sono le variazioni di gioco, l’uso al momento giusto dei colpi migliori, ed ancora le tattiche per rendere insicuro l’avversario, ed altro ancora.
Per
variazioni di gioco si intende la capacità di cambiare nel corso della partita sia l’esecuzione tecnica dei colpi, quanto l’impostazione tattica vera e propria, come pure la velocità del gioco.
Effettuare il topspin non sempre con la stessa quantità di effetto, ma alternando top carichi e a top scarichi, top lenti ritardati a top veloci anticipati, top con effetto laterale a top regolari.
Idem per il taglio sotto della pallina, come per il block/scambio.
Come pure la capacità di cambiare impostazione tattica, cioè passare durante un incontro da un gioco di controllo/block in alcune fasi, ad un altro da attaccante puro in altri momenti.
Oppure da una fase in cui si sfrutta quasi solo il proprio dritto ad una fase in cui si usa di più il rovescio.
Ricordo il caso esemplare durante una partita femminile tra una forte difenditrice ed una forte attaccante, in cui verso il termine di una partita combattutissima, la difenditrice, ormai alle corde con il suo gioco, a cui l’attaccante aveva ormai preso le misure, cambiò tutto mettendosi gli ultimi punti a bloccare anticipato al tavolo gli attacchi dell’avversaria, e vinse così un incontro che tatticamente ormai stava perdendo.
Un “fine tuning” particolarmente importante è
l’uso al momento giusto dei propri colpi migliori. Troppo spesso si vedono giocatori che effettuano colpi eccezionali nella fase iniziale della partita e poi si spengono a fine set, ossia quando i punti contano davvero di più, anche psicologicamente.
Oppure che a forza di insistere su un’unica risorsa durante tutto l’incontro, finiscono per fare abituare l’avversario, e non riuscire a sfruttarla proprio nei punti finali.
E’ tipico il caso di chi ricorre sempre allo stesso servizio in partita, che funziona nel mettere in difficoltà l’avversario, col risultato che a fine incontro lo avrà fatto abituare, per cui questo risponderà meglio e metterà in difficoltà a sua volta il giocatore che ormai aspettava solo l’errore in risposta.
Il buon tattico invece prova una o due volte il servizio più efficace e, se vede che mette in difficoltà l’altro giocatore, se lo riserva proprio per i punti più importanti.
Per tattiche volte a rendere insicuro l’avversario intendo
la capacità di procurare all’avversario errori gratuiti, che finiscono con l’innervosirlo e quindi con il farlo giocare peggio.
Di solito si tratta di una tattica a cui ricorrono i giocatori che tendono ad attendere l’errore dell’avversario, cioè gli allround, o i difensori a muretto, ma è una ottima tattica che chiunque può sfruttare.
Un esempio di scuola è il palleggio “cosiddetto finto tagliato”, che fa credere all’avversario di trovarsi a fronteggiare una pallina carica di effetto inferiore, mentre invece la palla è senza effetto.
Il conseguente errore mette all’opponente una dose notevole di insicurezza, perché avrà ricavato l’impressione di aver sbagliato un colpo facile, e comunque diverso da quanto si aspettava, per cui ne risentirà la sua sicurezza durante il gioco nei colpi successivi.
Un altro tipo di errore altamente deprimente per un giocatore è l’errore in schiacciata, cioè sulla pallina in teoria più semplice.
Ragion per cui riuscire ad indurre questo genere di errore, alzando magari una pallina carica di un effetto velenoso, significa spesso, al momento giusto, innervosire parecchio il proprio opponente.
La tattica nella tattica. Il servizio e la risposta al servizio.
I due colpi che nel nostro sport hanno maggior rilievo ai fini della vittoria in un incontro sono il servizio e la risposta al servizio.
Chi riesca a servire in modo da indurre l’avversario o all’errore o ad una risposta troppo semplice, ha già fatto o il punto o “ mezzo punto”.
Chi, dall’altro lato del tavolo, riesce a rispondere o con un colpo vincente o con una pallina che costringe l’avversario in difficoltà, anche lui avrà fatto o il punto o “mezzo punto”.
E, dato che trattasi di colpi che si effettuano partendo da una situazione statica, ossia da fermi, qui più che altrove la tattica è fondamentale, per cui si può parlare di una tattica nella tattica.
Esistono giocatori, anche ormai datati e fisicamente non più in condizioni ottimali, diciamo He Zhi Wen

a livello internazionale e Li Weimin in Italia, che su un servizio quasi “impossibile” da ricevere fondano la loro ancora alta competitività e le loro numerose vittorie.
Sappiamo che il servizio può essere effettuato corto, “esce-non esce” oppure lungo; liscio, tagliato, laterale o superiore; veloce a scorrere oppure lento; di dritto o di rovescio; con impugnatura europea, oppure cinese; a pendolo o reverse-pendolo; frontale rispetto al piano del tavolo o laterale; a martello o reverse (Tie Yana, Kishikawa, Mizutani).
Insomma è un colpo che si presta ad un numero enorme di varianti.
E’ soprattutto un colpo che si può mascherare in tanti modi. Non ovviamente nel modo in cui scorrettamente molti giocatori nascondono la pallina o la racchetta dietro una parte del proprio corpo per non fare vedere nulla all’avversario. Quella è solo una scorrettezza di chi farebbe per vincere qualunque cosa.
Si può fintare un movimento per effettuarne un altro.
Partire in modo lento ed accelerare alla fine per un servizio molto veloce.
Lanciare in alto la pallina per distogliere l’attenzione dell’avversario.
Ma soprattutto si può effettuare un movimento molto veloce di polso che l’avversario non è in grado di leggere bene e quindi indurlo in errore.
Come pure colpire con lo stesso movimento la pallina in punti diversi della stessa, un po’ più sotto o più sopra, per imprimere effetti differenti, ed anche colpire la pallina in punti diversi della racchetta, anche qui con il risultato di imprimere molto, oppure nessun effetto.
Tutte queste tecniche di servizio vanno poi ricondotte ad una tattica di gioco ben precisa per ottimizzare la loro efficacia.
Alternare servizi corti a servizi lunghi è una buona tattica, come pure servizi tagliati a servizi lisci. Ciò consente di irretire l’avversario, mandarlo “fuori palla”, non fargli sviluppare il proprio gioco.
Ma soprattutto servire in modo da costringere l’avversario, se riesce a rispondere, ad avere una terza palla nella direzione e/o con l’effetto voluto. E’ QUESTO LO SVILUPPO TATTICO FONDAMENTALE DEL SERVIZIO.
Per esempio riuscire a servire corto e liscio in modo da avere un terza palla comunque sulla quale potere attaccare con un topspin di chiusura.
Oppure servire molto tagliato in modo da ottenere una palla su cui effettuare un’apertura molto carica.
In questo senso è importantissimo anche il punto del tavolo in cui il servizio rimbalza nella metà campo avversaria, perché questo spesso indurrà una risposta “obbligata”, e quindi prevedibile, dell’altro giocatore.
Detto del servizio, colpo fondamentale, ancora più importante – lo dicono i grandi campioni - è la risposta al servizio.
Infatti, è questo il colpo che fa partire il gioco ( a meno di un errore in battuta del battitore), e da questo colpo parte ogni scelta tattica.
Se il servizio è corto sono molteplici le scelte tattiche possibili, tenere corto a propria volta, aprire in flip, palleggiare o scambiare lungo, e tutto ciò ovviamente sul dritto, sul rovescio, al centro.
Se il servizio è lungo, si sarà praticamente obbligati a rispondere lungo, e quindi il gioco che ne consegue sarà subito aperto.
Comunque un giocatore dall’ottima risposta al servizio cercherà di mandare la palla nel punto più fastidioso per l’avversario, o con il tipo di effetto che lo disturba maggiormente. Il che tatticamente significa incanalare lo scambio verso un esito per sé positivo.
Conclusione.
La gara di tennistavolo, quindi, è una sequenza di mosse e contromosse, di scelte tattiche e di strategie, che la rendono non solo l’espressione del proprio bagaglio tecnico, della propria preparazione fisica, ma molto di più una competizione in cui l’intelligenza del giocatore nel leggere il gioco, nei suoi sviluppi, ha sempre un ruolo preponderante ai fini della vittoria.
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