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Elementi fondamentali di tecnica del tennistavolo

                                                                                                  di Carlo Pandolfini

Cosa si intende per tecnica di gioco?
E' l'insieme dei principi teorici e delle modalità pratiche che consentono al giocatore di tennistavolo la ottimizzazione delle proprie capacità fisiche, psichiche ed attitudinali al fine di prevalere nelle competizioni sportive sugli atleti avversari.

Che peculiarità ha la tecnica del tennistavolo?
E' la tecnica di uno sport "di situazione", in cui cioè l'effettuazione dei singoli colpi non è indipendente da eventi esterni (per es. un tiro a canestro o un tiro al bersaglio con la pistola), ma invece è strettamente connessa a quanto fa - o si prepara a fare - il proprio oppositore, ossia alla situazione contingente. Ragion per cui è una tecnica con un numero molto elevato di varianti.

In cosa consiste la tecnica di gioco?
Consiste nella teoria che studia il sistema di gioco nel suo complesso ed i singoli colpi che ne costituiscono gli elementi, nella loro modalità di effettuazione nello spazio e nel tempo, nelle loro cause e nei loro effetti.

Cosa si richiede al giocatore per un buon apprendimento della tecnica di gioco?

Soprattutto una cosa fondamentale, la capacità di staccare la propria totale attenzione dal percorso della pallina nello spazio, riponendola in un settore solo del proprio cervello, e di riuscire ad assumere il pieno controllo di tutto il proprio corpo nel tempo e nello spazio, mentre la pallina va e viene tra le due metà del tavolo. ...continua la lettura

Il Dritto (scambio- block –topspin –backspin -flip)

                                                                                                di Carlo Pandolfini

Effettuare correttamente il dritto è certamente la base per una buona tecnica complessiva di gioco. Chi non ha notato i giocatori da sala-giochi o da spiaggia assumere posture improbabili a causa delle quali si posizionano frontali rispetto al tavolo ed effettuano quasi sempre colpi di rovescio, riservando il dritto a qualche rara schiacciata su palla alta? O tanti giocatori di tennistavolo “a muretto” che sfruttando gomme cosiddette di disturbo (puntinate lunghe – corte - medie, antitopspin) fanno lo stesso, sia pure a livelli agonistici nettamente superiori? E qualcuno ha mai visto un dilettante del ping-pong, per quanto talentuosissimo possa essere, portare correttamente il dritto in modo spontaneo? Il fatto è che la corretta effettuazione del dritto nel tennistavolo richiede una lunga serie di fattori, per altro concentrati in uno spazio e un tempo parecchio ristretti, la qual cosa ne aumenta la difficoltà tanto di apprendimento quanto di esecuzione. Vediamo questi fattori uno ad uno. ...continua la lettura

L’impugnatura: è la base per una corretta tecnica di gioco. La racchetta va tenuta ben stretta nel palmo della mano, simulando tanto il modo con il quale la mano stringe una pistola, quanto figurativamente la pistola stessa, ossia con le ultime tre dita ripiegate sul palmo, il pollice e l’indice distesi che formano tra loro un angolo di 90°. Il manico della racchetta deve aderire interamente al palmo della mano senza lasciare spazi vuoti ( cosa che troppi giocatori di buoni livello invece hanno come difetto, adottando una impugnatura cosiddetta morbida che li penalizza nella effettuazione e ricezione di colpi liftati). Come pure è fondamentale che l’incavo tra pollice e indice sia interamente a contatto con il telaio e lo stringa bene. A quel punto basta posizionare in perpendicolare rispetto al manico l’indice, e sull’altra faccia della racchetta il pollice, ed il gioco è fatto: l’impugnatura è corretta, si può apprendere la giusta tecnica senza penalizzazioni nell’uno o nell’altro colpo.


La postura generale, poi, è il paradigma motorio fondamentale per lo sviluppo di tutti i colpi. Senza una postura adeguata, nella sequenza dello scambio sarà matematico incorrere in errori tecnici che pregiudicheranno l’esito dello scambio, soprattutto ai livelli più alti. Esiste una postura dinamica e una statica. Le attitudini motorie di base per imparare ad assumere durante il gioco una corretta postura dinamica sono due: la rotazione /oscillazione del corpo attorno al proprio asse; l’effettuazione del carico/scarico degli arti inferiori. Requisiti fondamentali della postura statica sono :

1. il posizionamento leggermente obliquo rispetto al piano del tavolo;

2. l’equilibrio del corpo spostato un po’ in avanti;

3. il bacino che deve formare un angolo pronunciato tra il tronco e le gambe;

4. il peso del corpo che grava sugli avampiedi.

E di conseguenza gli errori di postura che si vedono in giro per i campi da gioco di solito sono: atleti che giocano perfettamente paralleli rispetto al tavolo; che gravano il peso del corpo sui talloni; che rimangono sostanzialmente all’inpiedi; che si sbilanciano con la schiena all’indietro nella effettuazione dei colpi. Se la postura del corpo e l’impugnatura della racchetta sono i fattori di base, il corretto movimento per l’effettuazione concreta del colpo, ossia l’atto di colpire la pallina con la racchetta, richiede altrettanta se non maggiore cura pratica e attenzione teorica. Entrano in campo ai fini di un corretto movimento diversi fattori, quali: la dinamica di effettuazione, il tempo di effettuazione, l’attivazione dei freni motori per la sua conclusione. Alla radice di questi fattori sta comunque un concetto motorio fondamentale:

la corretta combinazione tra la spinta in avanti di braccio/tronco/bacino/gambe e la stabilità/equilibrio necessari a dare al colpo la corretta direzione/velocità /effetto.

Per illustrare questa combinazione dobbiamo ricorrere ad un’immagine esemplificativa: la struttura di una qualunque porta d’appartamento, l’infisso, i cardini, l’anta. Ebbene, dobbiamo vedere tutta la parte del corpo del giocatore opposta alla mano che tiene la racchetta come l’infisso della porta, ossia la parte della struttura che assicura la stabilità e la direzione giusta nel movimento; dobbiamo vedere i cardini, ossia le strutture di rotazione/oscillazione, nelle caviglie in basso, nel tronco/bacino al centro e nel gomito della mano che tiene la racchetta in alto; ed infine l’anta, ossia la parte della porta vera e propria, nella gamba, nel tronco e nel braccio relativi alla mano che impugna. Per usare un’altra immagine, possiamo vedere il movimento del discobolo che dopo la rotazione sta per lanciare l’attrezzo in avanti verso il punto più lontano. Si potrà anche qui notare la parte del corpo opposta alla mano che lancia, che ha funzione di perno/sostegno/slancio/stabilità/direzione, mentre tutta la parte del corpo relativa alla mano che lancia il disco ha funzione di spinta cinetica. Ecco, questa combinazione è basilare per un corretto movimento.

Un secondo concetto, stavolta di abilità-coordinazione motoria, comporta poi una differenza determinante per la migliore efficacia del colpo: quella tra contatto pallina/racchetta e impatto pallina/racchetta.La grandissima maggioranza dei dilettanti e comunque dei giocatori di scarso talento tenderanno sempre a preferire il contatto all’impatto, ossia a portare la racchetta quasi ferma a colpire la pallina per poi dare la spinta, piuttosto che a spingere/impattare con decisione la pallina, con un movimento della racchetta che parta da dietro. Con una conseguenza fondamentale per la correttezza del colpo: che a quel punto non potranno attivare i freni motori subito dopo il contatto, ma molto più tardi e faranno quindi un movimento troppo lungo che li penalizzerà nello sviluppo del gioco. Come si può vedere la complessità del movimento corretto del dritto nel tennistavolo è davvero elevata. Oltre ai fattori generali che abbiamo delineato, cioè quelli di base: l’impugnatura e la postura generale, statica e dinamica; e ai concetti motori generali condizionali di spinta/stabilità e coordinativi di impatto/contatto da applicare al movimento, esistono parecchi importanti fattori specifici alla esecuzione del dritto: a) come bisogna posizionare i vari distretti corporei e muscolari; b) come bisogna muoverli; c) con quale tempo bisogna colpire la pallina; d) di quante fasi dinamiche è costituito il movimento; e) quanto bisogna inclinare la racchetta nella effettuazione dei colpi, e se ne potrebbero aggiungere altri ancora. Vediamoli nello specifico:

  1. Come bisogna posizionare e muovere i vari distretti corporei e muscolari. Si parte sempre dal presupposto che:1) il baricentro del proprio corpo debba cadere nella proiezione sul terreno del punto mediano tra le gambe; 2) i piedi siano posizionati leggermente più larghi rispetto alle spalle; 3) i piedi assumano sempre tra loro una posizione di partenza parallela e mai convergente o divergente tra loro. A quel punto assumono un ruolo fondamentale gli arti inferiori, per i quali nel dritto va sempre effettuato un movimento di trasferimento del peso corporeo dalla gamba relativa al braccio che porta il colpo alla gamba opposta, e l’arto superiore della mano che regge la racchetta. Ogni sezione del braccio è poi decisiva per un corretto movimento, come pure l’angolazione corretta tra le sezioni. Il braccio deve rimanere ben staccato dal tronco, il gomito deve rappresentare il punto più basso dell’intero arto, l’avambraccio deve fare un angolo retto col braccio e il polso deve essere in continuità lineare con l’avambraccio, in modo tale che la racchetta rappresenti con l’avambraccio una linea retta. Il movimento deve avvenire da dietro – basso a avanti –alto, con una angolazione di circa 45 gradi. E’ essenziale nel dritto fermare il movimento del braccio comunque non oltre l’asse mediano del proprio corpo. La racchetta non deve mai terminare oltre questo asse.


  2. Con quale tempo bisogna colpire la pallina: in generale la pallina può essere colpita di controbbalzo, ossia praticamente appena dopo il rimbalzo della stessa; d’anticipo, ossia prima che raggiunga il punto più alto della sua traiettoria; nel suo punto più alto; in ritardo, ossia nella sua fase discendente. I vari colpi di dritto, lo scambio, il topspin, il taglio, il block, la schiacciata, il flip, il controtop vanno effettuati con diversi tempi di impatto, anche se è sempre possibile al giocatore usare tempi diversi più appropriati alle proprie caratteristiche. Al solo scopo divulgativo si può accennare che colpo necessariamente di controbbalzo è il taglio/backspin corto; colpi in anticipo sono il block attivo, il taglio/backspin lungo, il flip su palla tagliata, il controtop sul tavolo, la schiacciata su palla tagliata, colpi nel punto più alto sono il topspin su palla liscia, il flip su palla liscia/superiore e lo scambio; colpi ritardati ossia effettuati nella fase discendente della traiettoria dopo il rimbalzo sono il topspin su palla tagliata, la schiacciata, il block passivo e ovviamente il controtop da lontano. In fase di apprendimento del movimento è altamente raccomandato, ai fini di migliorare la fluidità del colpo, curare innanzitutto il tempo di impatto che io definirei generale, ossia nel punto più alto della traiettoria, tanto nello scambio, quanto nel topspin di dritto. In quel punto infatti si ottimizzano molti fattori cinetici: il rapporto tra impatto e contatto con la pallina ( massimo impatto nel massimo tempo di contatto); miglior possibilità di attivare immediatamente i freni motori; miglior momento di sostituzione della velocità (ascendente) impressa dalla racchetta alla velocità (discendente) proveniente dalla pallina. Una conferma empirica dell’importanza di imparare il corretto movimento di dritto partendo dalla base tecnica “del punto più alto” è data dal fatto che il topspin di dritto – notoriamente un colpo che richiede al giocatore una dose di sforzo fisico notevole – soprattutto se effettuato in sequenza risulta all’atleta che lo esegue più fluido, poco affaticante e più semplice da ripetere costantemente.


  3. E veniamo alle fasi dinamiche dalle quali è costituito il movimento del dritto, che escludendo la fase propedeutica della attivazione degli stimoli neuro-motori dovuta ai diversi analizzatori sensoriali, cioè la fase in cui dal cervello partono gli input motori al corpo del giocatore, si possono distinguere in: una fase preparatoria all’impatto; la fase dell’impatto/contatto; una fase conclusiva del movimento. Ognuna delle tre fasi, se correttamente eseguita, è determinante per effettuare un ottimo dritto. La fase preparatoria all’impatto è quella in cui bisogna porre in pratica quanto abbiamo sopra descritto riguardo al movimento complessivo, e ai movimenti dei singoli distretti articolari e muscolari. La fase del contatto/impatto è quella nella quale si conclude la fase di accelerazione ed inizia quella di decelerazione del movimento; è il momento nel quale l’angolazione della racchetta rispetto alla pallina ed il movimento del polso assumono un ruolo fondamentale ai fini del risultato richiesto; questo “momento” può variare nella sua durata da alcuni centesimi di secondo nei colpi di puro impatto ( la schiacciata innanzitutto ed anche lo scambio), a valori vicini al decimo di secondo nel topspin e nel backspin. Il motivo è evidente: maggiore è la quantità di effetto che si desidera imprimere al colpo, maggiore sarà il tempo nel quale si cercherà di tenere la pallina a contatto con la gomma. Quindi il massimo del contatto avverrà nel topspin lento di apertura, mentre nel top veloce di chiusura il tempo di contatto si avvicina a quello del block/scambio. La fase conclusiva del movimento, la cosiddetta chiusura del colpo, non è determinante in sé per l’esito del colpo, quanto per la prosecuzione del gioco. Il giocatore di medio/alto livello infatti deve comunque attendersi sempre che l’avversario rimandi in campo la pallina, e questo significa che deve ritornare nella corretta posizione di partenza se desidera continuare a condurre lo scambio da una posizione di forza. Pertanto l’attivazione dei freni motori, il corretto punto di conclusione del colpo, e la transizione verso la fase di preparazione del nuovo colpo assumono nel tennistavolo un valore determinante ai fini di una impostazione tecnica del giocatore di Alto Livello. Senza di questi si rimarrà comunque mediocri giocatori, cui verrà sempre precluso qualunque risultato importante. I segreti di un corretto movimento di transizione, il punto in cui portare la racchetta tra un colpo ed il successivo, il passo intermedio sono quelli meglio custoditi dai tecnici di alto livello.


  4. L’angolazione della racchetta nella effettuazione del dritto è ovviamente determinante ai fini del successo nella esecuzione del colpo. Il principio generale è che quanto più la palla che arriva ha effetto inferiore/backspin/tagliato sotto, quanto più l’angolazione della racchetta fino all’attimo del contatto/impatto va tenuta aperta, diciamo approssimativamente a 90° rispetto al piano del tavolo. Si arriva ai casi in cui l’angolo di impatto ( nella schiacciata su palla tagliata e nel flip di dritto sempre su palla tagliata) è di circa 120°. E viceversa quanto più la pallina ha effetto superiore, tanto più la racchetta va tenuta chiusa rispetto al piano del tavolo, diciamo con inclinazioni che in certi casi diventano quasi ad angolo zero. In gergo questo si chiama “coprire” la pallina”, ed è il caso del controtop al tavolo, per esempio, come pure del top di chiusura su palla superiore. E’ ovvio che in tal caso sbagliare il tempo di impatto significa steccare quasi certamente la pallina, quindi possedere una ottima fluidità e velocità di braccio è fondamentale per effettuare correttamente questi colpi che sono di massima difficoltà, come pure al tempo stesso di massima efficacia.


Come il lettore di questo articolo avrà potuto notare, non mi sono soffermato specificamente sui singoli colpi di dritto (lo scambio semplice, il topspin, il backspin, la schiacciata, il block, il flip, il controtop), ma ho cercato di elaborare elementi e principi generali, in base ai quali è possibile costruire correttamente nella pratica quotidiana tutti i colpi, e le loro numerosissime varianti – pensate soltanto alla variante laterale dei colpi, fino al cosiddetto effetto “corkscrew”, o ad avvitamento con una componente inferiore ed una laterale contemporaneamente. Il tennistavolo rimane uno sport affascinante proprio per la sua enorme complessità: si guardi ad esempio all’importanza e alla difficoltà di decifrare il tipo e la quantità di effetto che possiede la pallina al momento dell’impatto con la vostra racchetta (dato questo fondamentale per la corretta esecuzione del dritto) , in pochi decimi di secondo, quando una pallina del diametro di circa 40 mm può arrivare dal tavolo dell’avversario con velocità che superano i 50 km orari, e, dopo aver eventualmente decifrato correttamente tipo e quantità di effetto, impostare sempre in quegli stessi decimi di secondo le corrette specifiche tecniche per portare a buon fine la propria risposta! Ecco, questo è il tennistavolo. Ed ecco perché senza una buona tecnica, buoni allenatori e tanta applicazione è impossibile diventare buoni giocatori.        chiudi riquadro
Lo sviluppo della reattività neuro-muscolare dell'atleta.
                                                                                                   di Carlo Pandolfini

E' il mattone su cui si costruisce una buona tecnica nell' atleta agonista.
Spesso si vedono i ragazzini ai primi rudimenti della tecnica indugiare, sotto lo sguardo attento degli istruttori, in sedute di allenamento in cui viene fatto quasi ossessivamente ripetere lo scambio di dritto, e in misura minore lo scambio di rovescio.
La ragione di ciò sta proprio nel fatto che questo esercizio è il più indicato per sviluppare la reattività neuro-muscolare dell'atleta agli stimoli esterni. Quando infatti l'atleta vede la pallina dirigersi verso il proprio campo di gioco, attiva il proprio sistema neuronale, il quale immediatamente si fa alcune domande fondamentali (in che direzione sta andando la pallina? Quanto veloce? Con che tipo di effetto sta arrivando?) e si da' delle risposte sempre più complesse man mano che aumenta la sua conoscenza del gioco ( all'inizio del proprio addestramento la mente dell'atleta sarà in grado di rispondere solo alla prima domanda, poi anche alla seconda, ed infine, pian piano negli anni, anche alla terza).

A questo punto la risposta elaborata dal suo sistema neuronale, va trasferita agli organi motori per metterla in pratica. E qui i tempi di risposta degli organi motori di ogni atleta variano decisamente.
E' questo uno dei campi in cui più propriamente si può parlare di talento dell'atleta.
Ossia della capacità naturale dell'atleta di attivare questa risposta in tempi estremamente rapidi. E' chiaro infatti che prima arriva questa risposta degli organi motori e meglio si potrà effettuare il gesto tecnico conseguente.
SPESSO SI PARLA IN QUESTO CAMPO DI COORDINAZIONE OCULO-MANUALE, e si dice che il tennistavolo è uno sport che richiede una ottima coordinazione oculo-manuale. ...continua la lettura

SPESSO SI PARLA IN QUESTO CAMPO DI COORDINAZIONE OCULO-MANUALE, e si dice che il tennistavolo è uno sport che richiede una ottima coordinazione oculo-manuale.
Io credo che il concetto sia più complesso, e che tutto il corpo dell'atleta, tanto gli arti inferiori, quanto il busto/bacino, quanto gli arti superiori, assumano un ruolo rilevante in questo contesto.
La reattività allo stimolo esterno va trasferita alle gambe, così come al braccio, così come al tronco che deve effettuare il corretto movimento di torsione e/o rotazione: tutto il corpo deve partecipare alla corretta effettuazione del colpo.
Il potenziale campione sarà l'atleta che naturalmente attiva questa risposta e la trasferisce agli organi del movimento in modo estremamente rapido.
Tuttavia, trattandosi di stimoli che partono dal cervello per essere trasferiti al corpo, essi, come ci ricorda la teoria di Pavlov, possono essere allenati, ossia automatizzati per migliorare la performance.
Per questo assume grande importanza la ripetizione continua, costante di esercizi semplici, soprattutto all'inizio dell'addestramento.
Nella pratica si consiglia:
  • la ripetizione in serie sempre più lunghe dello scambio di dritto, da preferire a quello di rovescio perchè coinvolge più organi motori nel movimento;
  • a livelli più avanzati di bravura degli atleti, gli esercizi di gioco anticipato al tavolo, ossia il controtop al tavolo sia di dritto che di rovescio;
  • a livello iniziale, la variazione della lunghezza e della direzione del palleggio, soprattutto di rovescio, e poi, quando il livello dell'atleta sale, anche di dritto;
  • il sistema del cesto multiball, fatto accoppiando il movimento delle gambe a quello dell'arto superiore, ossia spostando continuamente l'atleta sul piano del tavolo; a questo riguardo il cesto va fatto sia da distanza ravvicinata che dalla linea di fondo del tavolo, per abituare meglio l'atleta ad una risposta neuro-muscolare appropriata in base al maggiore o minore spazio/tempo necessario alla effettuazione del colpo.

Su tutto ciò una indicazione fondamentale va data all'atleta.
Probabilmente la cosa più importante in assoluto di tutta la teoria della tecnica pongistica, secondo quanto mi disse tempo fa il migliore atleta e tecnico italiano nella storia del tennistavolo e in attività.

ABITUARSI A GUARDARE LA PALLINA IL PIU' LONTANO POSSIBILE, OSSIA NEL MOMENTO IN CUI LA STA COLPENDO L'AVVERSARIO, FOCALIZZARLA AL MASSIMO LI', "COSTRINGERE" LA PROPRIA MENTE A CONCENTRARSI AL MASSIMO IN QUEL DECIMO DI SECONDO.

Se ci si riflette è proprio quello che fa l'atleta nelle situazioni di massimo rischio per reagire con la massima velocità, quando per esempio l'avversario sta schiacciando una palla alta, o sta toppando una palla molto semplice, cioè in tutte le situazioni di massimo rischio durante il gioco.
Una sorta di meccanismo di "autodifesa" che egli attiva incosciamente.

Un'ultima osservazione.
Quando gli atleti tornano ad allenarsi dopo un periodo più o meno lungo di pausa, spesso si lamentano della mancanza di ritmo che avvertono nel proprio gioco. Alla base sta proprio questo, una ridotta capacità di reattività neuro-muscolare dovuta all'assenza dal tavolo da gioco, e quindi da un allentamento dei sistemi di risposta agli stimoli esterni. Ci si sente più lenti "dentro".

Chiudo con una domanda curiosa a tutti i pongisti più esperti.
Che cos'è questo mistero per cui andare a vedere un Torneo o una manifestazione di alto o altissimo livello porta nei giorni seguenti a giocare molto meglio?
Proviamo a darci insieme una risposta in base a quanto detto sopra: l'amplificazione dei propri tempi (inconsci) di risposta, in base all'osservazione, e all'emulazione di giocatori con una reattività neuromuscolare molto più rapida della nostra.        chiudi riquadro
Come affrontare la partita. Il Concetto di Strategia

                                                                                                di Carlo Pandolfini

L’apprendimento di una corretta tecnica di gioco, tanto nei singoli colpi, quanto nel sistema complessivo, in sé è insufficiente a raggiungere lo scopo per il quale viene appresa, che è quello di saper fronteggiare e vincere con un avversario con cui misuriamo le nostre abilità. Per poterci imporre infatti in una qualunque competizione sportiva in cui c’è chi gioca contro di noi, abbiamo bisogno di porre in atto una strategia finalizzata al conseguimento del risultato. Il nostro avversario, infatti, dall’altro lato del tavolo, non gareggia indipendentemente da noi, come potrebbe essere per es. in una gara di ginnastica in cui ognuno esegue il proprio esercizio, ed alla fine una giuria valuta la bravura tecnica degli atleti, e stila una classifica, ma gareggia con noi, e contro di noi. Noi, come lui, abbiamo insieme lo scopo di non consentire, l’uno all’altro, di rinviare la pallina nella nostra o nella sua metà campo, cioè di far commettere un errore. Il punto, a tennistavolo, è sempre la conseguenza di un errore, di qualcuno che non riesce a rimandare la pallina nella metà opposta del tavolo. Perciò affrontare la partita significa essenzialmente due cose: avere un proprio sistema tattico di gioco e non consentire all’avversario di esprimere al meglio il proprio. Le due cose insieme integrano quella che può essere chiamata strategia di gioco, cioè l’insieme delle azioni finalizzate a porre l’incontro sul piano più favorevole alla espressione delle proprie capacità tecniche e più sfavorevole a quelle dell’avversario.

I diversi stili di gioco.

Nel tennistavolo i giocatori si distinguono fondamentalmente sulla base delle loro attitudini tattiche.

DIFENSORI PURI: categoria ormai in via di estinzione, sono quei giocatori che attendono l’errore dell’avversario, cercando di impedire attacchi violenti. Ricorrono prevalentemente agli effetti inferiori, ossia a colpi in backspin, il cosiddetto “taglio” sotto la pallina, effettuato sia da vicino, che lontano dal tavolo, tanto di dritto, quanto di rovescio, tanto con gomme lisce quanto con puntinate. Appena possibile cercano di chiudere il punto con schiacciate improvvise o con topspin violenti, prendendo di sorpresa l’altro giocatore.

DIFENSORI AL TAVOLO: si differenziano dalla categoria precedente in quanto usano gomme di disturbo che invertono gli effetti (antitopspin oppure gomme puntinate con poco attrito), e rimandano quindi all’avversario ...continua la lettura
Saper fronteggiare gli avversari in base ai materiali di gioco che utilizzano
                                                                                                       di Giovanni Corradi

Saper riconoscere i materiali di gioco è importante, ma molti giocatori sorvolano su questo aspetto, limitandosi a pensare alla propria racchetta.
Come sappiamo l'attrezzo fondamentale per ogni giocatore di tennistavolo si compone di un telaio in legno, carbonio etc... ricoperto da uno (vecchia scuola asiatica) o due rivestimenti in gomma, dotati di gommapiuma.
La tipologia di questi componenti cambia da giocatore a giocatore e può variare anche di molto, con conseguenti modificazioni del gioco di chi ne fa uso. Preoccuparsi quindi di trovare la racchetta ideale per sè e fermarsi lì, senza avere almeno una infarinatura sulle diverse tipologie di materiali contro i quali ci si può trovare a gareggiare, può risultare deleterio ed in certi casi può portare alla sconfitta in partita.
Quindi chiediamo al nostro avversario di mostrarci la racchetta prima dell'incontro e vediamo di sfruttare le informazioni che ne possiamo trarre a nostro vantaggio.
La marca, il modello e le scritte sul telaio ci dicono già se abbiamo a che fare con un giocatore che predilige l'attacco, il gioco allround o la difesa (i telai da difesa si distinguono anche per il piatto "maggiorato"), ma ancora più importante è saper riconoscere i rivestimenti in gomma, poiché sono quelli che entrano in contatto diretto con la pallina.
La prima grande distinzione è quella tra gomme lisce, gomme puntinate e gomme antitop.

Le gomme lisce

Le gomme lisce sono le più diffuse nel gioco moderno e presentano una superficie adatta ad imprimere effetto alla pallina e ovviamente subiscono anche gli effetti già impressi alla stessa.
Alcune (soprattutto cinesi) presentano una superficie appiccicosa che aumenta il grip e l'effetto.
Lo spessore (da 1mm a 2,2mm)e la durezza della gommapiuma sottostante sono indici della velocità del rivestimento (gomma+gommapiuma) nel suo complesso.
Spessori maggiori e maggiore durezza = maggior velocità e minor controllo ( ne fanno uso gli attaccanti).
Spessori inferiori e maggiore morbidezza = minor velocità e maggior controllo (ne fanno uso i difensori).

Le gomme puntinate

A differenza delle gomme lisce, le puntinate presentano una superficie esterna ricoperta di puntini in gomma.
In base alla lunghezza dei puntini distinguiamo puntinate lunghe, medie e corte.
Le puntinate lunghe vengono utilizzate dai difensori per restituire (a volte accresciuto) all'avversario l'effetto che lui stesso ha impresso alla pallina.
Quindi sono gomme che non "subiscono" particolarmente l'effetto impresso, ma allo stesso tempo non producono molto effetto su una pallina che ne è priva (detta "liscia").
Sono utilizzate dai difensori in combinazione con gomme lisce. Le puntinate corte assomigliano molto a delle gomme lisce ma subiscono (e imprimono) meno l'effetto. Sono utilizzate per lo più sul rovescio da giocatori allround-attaccanti per un block efficace.
Le puntinate medie sono una via di mezzo tra le precedenti, ma ne fanno uso comunque i difensori.

Le gomme antitop

All'apparenza sembrano gomme lisce, ma a differenza di queste presentano una superficie che ha poco attrito con la pallina e quindi si comportano sostanzialmente come delle puntinate medie. Sono utilizzate con gommapiuma morbida dai difensori e dagli allround con gommapiuma più spessa, quando si preferisce una gomma più maneggevole rispetto ad una puntinata.
Lo sviluppo delle capacità motorie nel tennistavolo

                                                                                                 di Carlo Pandolfini

L’impulso che raggiunge gli organi motori dell’atleta va tradotto nel corretto movimento che consente di colpire ed indirizzare la pallina nel modo più appropriato.
Per fare ciò è ovviamente richiesta tutta una serie di capacità motorie. Il tennistavolo infatti combina in sé le caratteristiche degli sport di precisione ( pensiamo al tiro con l’arco o con la carabina ad esempio dove il soggetto ha un attrezzo con cui colpire un bersaglio, ma opera nella massima condizione di staticità ) con quelle degli sport di movimento (la pallina viene colpita spostandosi continuamente nell’area di gioco). Pertanto sono ugualmente rilevanti tanto le capacità condizionali dell’atleta, quanto quelle coordinative.Forza, resistenza, velocità e forza veloce sono le 4 capacità motorie “condizionali” dell’atleta, ossia quelle che con un programma adeguato possono essere condizionate, ossia incrementate.
La teoria del loro sviluppo è sostanzialmente la teoria della preparazione atletica . Di essa ci occuperemo in una sezione apposita.
Qui interessa rilevare che se forza e soprattutto resistenza costituiscono la base organica di sviluppo delle prestazioni nel tempo, velocità e forza veloce sono, in uno sport in cui la reattività motoria è fondamentale, ancora più importanti.
Il tempo estremamente ridotto in cui si sviluppa il gioco richiede esplosività muscolare e prontezza.
Per fare un esempio si può pensare ad una gara di 100 metri, in cui la parte più significativa siano i primi 10. In queste caratteristiche l’atleta di tennistavolo ricorda per quanto riguarda la preparazione necessaria allo sviluppo delle sue capacità condizionali il portiere nel football, e molti esercizi per la sua preparazione possono essere ripetuti, per esempio le serie sui 10 metri. Siccome però a differenza del portiere lo sforzo della performance non è istantaneo, isolato, ma prolungato nel tempo, in quanto mediamente una partita dura circa 20 minuti, è chiaro che la forza e la resistenza necessarie a dare continuità temporale alla prestazione vanno ugualmente curate.
Per cui un mix equilibrato di sviluppo delle capacità motorie condizionali dell’atleta, partirà dall’incremento della base organica, ossia dalla resistenza (corsa di fondo, bici) per accoppiare poi lo sviluppo della forza, con esercizi anaerobici di potenziamento muscolare a corpo libero (balzi con caricamento) e passare poi alla forza veloce (corsa di mezzofondo con variazioni di ritmo, ad esempio) ed infine alla velocità pura.
Esaurito questo breve cenno ai principi generali quanto alle capacità condizionali, una ATTENZIONE PARTICOLARE NEL TENNISTAVOLO SPETTA SENZ’ALTRO ALLO SVILUPPO DELLE CAPACITA’ COORDINATIVE. ...continua la lettura


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